sabato 27 agosto 2016

Il mestiere delle armi

Nel freddo inverno lombardo del 1526 il condottiero pontificio Giovanni De' Medici tenta di contrastare l'avanzata dei lanzichenecchi tedeschi sul suolo italico, ma, oltre all'inferiorità numerica dei suoi cavalieri ed archibugieri a cavallo, deve fronteggiare anche le scelte di schieramento operate dai signori locali: il marchese Federico Gonzaga, da un lato, desideroso di impedire lo scoppio di una guerra nel territorio di Mantova, dà ordine di lasciare aperta la porta di Curtatone consentendo il passaggio delle truppe alemanne luterane e di richiuderla poi sino al mattino, rallentando così l'inseguimento da parte dei cavalleggeri papali; Alfonso d'Este, duca di Ferrara, dal canto suo dona ai tedeschi quattro innovativi e letali falconetti, piccoli cannoni i cui colpi sono in grado di sfondare qualsiasi armatura medioevale e rinascimentale, in cambio del matrimonio di suo figlio con una principessa imperiale. 

Giovanni, però, non è un politico: è un uomo d'azione, che fin da ragazzo conosce la brutalità della spada e a cui la vita ha riservato il mestiere delle armi. Per questo alla calata degli Alemanni in Italia sono andati a sbarrare loro il passo il generale Della Rovere, duca di Urbino, comandante dell'esercito pontificio, con ottomila fanti e seicento lance, preceduti dal signor Giovanni de' Medici con seicento uomini d'arme, cavalleggeri e archibugi di pari numero, avendo egli disposto d'incomodare la marcia degli Alemanni con incursioni improvvise di giorno e di notte, tanto che all'uopo il capitano de' Medici ha fatto brunire tutte le armature per sorprendere il nemico anche col buio
Ecco così spiegato il perché del soprannome di "Giovanni dalle bande nere" ed ecco spiegate, anche, le scelte operate da questo nobile condottiero, coerente fino alla morte - avvenuta proprio in seguito ad un'imboscata dei lanzichenecchi - con ciò che la vita gli aveva riservato. 

Giovanni è un uomo del suo tempo (il Medioevo è ormai alle spalle), che fa il suo mestiere (il mestiere delle armi), che rimane vittima di un cambio epocale (l'avvento delle nuove armi da fuoco) e della disonestà degli uomini (gli intrighi della politica). Ma è anche un uomo che non sa sottrarsi alla debolezza della sensualità e che subisce come tutti le brutture della guerra: il freddo, la fame,  la lontananza dagli affetti, l'incertezza.
E' un uomo che ha vissuto la vita che gli si è aperta dinnanzi: In questi anni nella mia vita sono sempre vissuto come un soldato, allo stesso modo sarei vissuto secondo il costume dei religiosi se avessi vestito l'abito che voi portate, dice sul letto di morte al prete che lo benedice. E chiede il proprio lettuccio da campo, per morire da soldato.
E' un uomo che ha fatto il suo dovere. Il suo mestiere. 
Ed in seguito alla sua morte nulla più saprà contrastare con efficacia l'avanzata dei lanzichenecchi, che saccheggeranno Roma.

Film straordinario in ogni suo aspetto, per la cui ricostruzione storica sono stati impiegati diversi anni di studi approfonditi, fino a giungere a riportare in vita sullo schermo la lingua dell'epoca.
Le ambientazioni, gli abiti , gli arredi e le stoviglie e, naturalmente, anche le armi e le battaglie sono ricostruite con un realismo sublime. 
Ermanno Olmi si riconferma regista e sceneggiatore di livello eccelso; Hristo Jivkov (Giovanni dalle bande nere), Sandra Ceccarelli (nobildonna di Mantova), Sasa Vulicevic (Pietro Aretino), Sergio Grammatico (Federico Gonzaga), Aldo Toscano (Aloisio Gonzaga) e tutti gli altri interpreti sono straordinari e non stupiscono i nove David di Donatello né i tre Nastri d'Argento conquistati da questo film (oltre alle numerose nomination). 

(Se desiderate approfondire, non accontentatevi delle scialbe ed improvvisate recensioni dei soliti siti, leggete qui)

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