venerdì 31 agosto 2012

Pfistermühle Restaurant


Iniziamo col dire che, in qualunque parte dell’Italia voi vi troviate, questo ristorante è parecchio distante: si trova nella Pfisterstraße a Monaco di Baviera. Però, se vi trovate da quelle parti e desiderate unire l’utile (gustare i piatti tipici della tradizione bavarese) al dilettevole (godere di un’atmosfera assolutamente teutonica e raffinata al contempo), non potete proprio perdervi quest’esperienza!

I PRO: è in Germania! A parte ciò, propone un’ampissima scelta di cibi e bevande bavaresi; è facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici (la vicina Maximilianstraße è servitissima in termini di mezzi pubblici e alla poco distante Marien Platz c’è anche la stazione della metro) ed hanno un garage (gratuito dalle 12 alle 14, altrimenti a pagamento); vanta una centenaria tradizione culinaria che va a braccetto con lo storico contesto architettonico; personale inappuntabile.

I CONTRO: è in Germania! A parte ciò, i costi sono piuttosto elevati, ma in linea con quelli di un ristorante di pari livello e tradizione italiano (forse anche un po’ più bassi). Il personale, l’ultima volta che ci sono stata, parlava soltanto tedesco ed inglese.

mercoledì 29 agosto 2012

Muay Thai: un appuntamento… mondiale


In palio c'è niente meno che il titolo di Campione del Mondo 2012 di Muay Thai e a salire sul ring ci sarà anche un atleta italiano: basterebbero già questi ingredienti per rendere "The King of Fight" un appuntamento imperdibile. Ma c'è di più! L'atleta che combatterà per tenere alto il nome dell'Italia sarà il Maestro Mario Rama, che sia io che Davide abbiamo l'onore di conoscere personalmente, con il quale abbiamo stretto una bella amicizia ed una proficua collaborazione e che si è preparato a questo importante incontro mondiale anche con sessioni di allenamento proprio insieme al mio maritino (lo dico, io, che ho sposato Rambo! He! He!).

Insomma: dita incrociate, tifo indiavolato e… se amate le arti marziali e gli sport da ring provate a vedere se scovate un volo low cost con destinazione Olbia! 

giovedì 23 agosto 2012

Mimetismo mediterraneo. Gli animali che giocano a nascondino

In realtà quello del mimetismo è tutt'altro che un gioco: si tratta di una raffinata quanto astuta strategia che Madre Natura ha messo a punto nel corso di millenni e della quale numerosi animali si servono per predare o, al contrario, per tentare di passare inosservati dai predatori.

Per fare qualche esempio, basta pensare - tra i predatori - alla colorazione del manto delle leonesse, che consente loro di scomparire letteralmente tra l'erba bruciata della savana africana o alla pelliccia a strisce della tigre, che la rende invisibile tra la fitta vegetazione asiatica o, ancora, alla mantide religiosa che scompare tra il verde dell'erba; tra le possibili prede si trova invece il polpo, capace di assumere diverse colorazioni a seconda del fondale marino o la farfalla Sesia bembiciformis, che non somiglia per nulla ad una farfalla bensì ad una temibile vespa.

Nel corso delle ultime vacanze trascorse in Sardegna mi sono dedicata ad un particolare tipo di caccia: la caccia fotografica agli animali invisibili (come sempre, cliccate sulle foto per ingrandirle). 

Una farfalla Satiro Maculato (Parage aegeria), scompare quasi perfettamente su una foglia secca.




Guardate poi questa fotografia qui accanto e resistete alla tentazione di andare subito a sbirciare sotto: notate niente? 

Ecco qua: una civetta (Athene noctua) appollaiata sopra una pigna, ben nascosta tra i rami.
La civetta è un uccello rapace notturno, grande cacciatore di piccoli vertebrati e di grossi insetti; nel suo caso, dunque, il mimetismo, unito al suo volo silenzioso, si rivela utile per catturare le prede.




Veloce insettivoro diurno è la sterpazzolina (Sylvia cantillans); verosimilmente quella da me fotografata qui è la sterpazzolina di Moltoni (Sylvia moltonii), almeno stando all'areale di distribuzione segnalato in questo approfondimento di Igor Festari, ma, dal momento che non sono una biologa nè un'esperta ornitologa, non esitate a segnalarmi eventuali errori. 

Eccola qui, lei pure appollaiata su di una pigna, della quale richiama il colore.
Altre foto di civette le trovate sul mio "album fotografico" Scattiliberi, insieme a qualche breve spiegazione e ad una versione estiva e aggiornata della filastrocca "Ambarabà ciccì coccò" che ho fatto diventare così:

Ambarabà ciccì coccò
tre civette, guarda un po'
che bevevano aranciata
su una spiaggia soleggiata
ma poi il sole se ne andò
ambarabà ciccì coccò

Che ne dite?

martedì 21 agosto 2012

Estate 2012: non solo mare e… non solo botte!

Come ho trascorso le mie vacanze quest'anno? Magnificamente e con un profondo senso di gratitudine per chi le ha rese possibili! 

Come sapete, sia io che Davide al momento siamo senza lavoro e non avevamo certo intenzione di chiedere un prestito per poter andare al mare! E così siamo stati ospiti di persone meravigliose, che ci vogliono un gran bene e che ci hanno regalato due settimane in quel Paradiso in Terra che è la Sardegna, persone alle quali anche noi vogliamo un bene enorme e che ringraziamo dal più profondo del cuore, non soltanto per la vacanza ma per tutto ciò che hanno fatto e continuano a fare per noi.

Forse è stata anche l'idea di "dono" insita in queste vacanze che ha fatto sì che ne godessi davvero appieno, sia che decidessi di alzarmi all'alba per una spedizione di caccia fotografica sia che scegliessi di indugiare tra le lenzuola, sia che mi dedicassi agli allenamenti prima del sorgere del sole sia che mi lasciassi andare a godere dei piaceri della tavola. 

Ho fatto i Tao sulla spiaggia prima del sorgere del sole



Ho nuotato insieme ai gabbiani (che non temono niente!)





Boxando in riva al mare
(mamma mia, che vento!
…E che capelliii!!!)
Tripudio di amaretti, formaggelle,
pè de' porcu… Gnam! 
E il mio maritino? Cosa ha fatto lui durante queste vacanze? Beh, tra le altre cose ha contribuito alla preparazione atletica del Maestro Mario Rama, che si sta allenando in vista della prossima partecipazione ai Mondiali di Thai Boxe (!!!). Ecco qui il video

venerdì 17 agosto 2012

Il deserto dei Tartari

Quanto tempo abbiamo a nostra disposizione? Che uso ne facciamo? Quanto dura la nostra vita e come spendiamo i nostri giorni? Di queste domande avevo già avuto modo di parlare in passato, grazie ad un altro libro, ma, complice la vacanza estiva, ho cercato altre risposte circa al modo - o ai modi - di trascorrere le nostre giornate.

L'idea di scrivere questo libro, poi divenuto un autentico classico moderno della letteratura italiana, venne a Dino Buzzati mentre trascorreva le nottate in redazione, in attesa di quel grande evento, quello scoop giornalistico che potesse cambiare non soltanto la notte ma forse l'intera vita. E le nottate si susseguivano, sempre uguali o quasi, senza scossoni e senza grandi eventi che scioccassero il monotono scorrere delle rotative.

Da questa terra di nessuno che pareva essere la redazione nel cuore della notte ha preso vita la vicenda del giovane Giovanni Drogo, tenente fresco di nomina e destinato alla Fortezza Bastiani, ultimo avamposto di difesa prima della desolata e sterminata pianura chiamata, appunto, "deserto dei Tartari". 
Appena giunto alla fortezza, il giovane ufficiale comprende che quello non è il posto che fa per lui, che forse è stato per errore che è stato assegnato a quel luogo fuori dal mondo e ormai dimenticato, dove da tempo immemorabile non si scorge più neppure l'ombra di un nemico nel desolato orizzonte. Eppure non può tornare indietro. Prima il timore di scontentare i superiori, pregiudicando così le possibilità di carriera, poi il senso di estraneità provato nei confronti dei vecchi amici e della vecchia città quando, alla prima licenza, ha modo di constatare come il mondo abbia continuato il proprio cammino nonostante il suo esilio al confine.

Drogo non sceglie e, quando raramente lo fa, lo fa nel momento e nel modo sbagliato: resta per non scontentare il superiore, va in licenza ma senza convinzione e temendo che i nemici possano attaccare proprio durante la sua assenza, rinuncia alla speranza di un amore lasciandosi impaludare in un'inutile quanto noiosa discussione militaresca, torna alla fortezza rimpiangendo poi la vita lasciata alle sue spalle in città e così via, così via, così via, giorno dopo giorno, notte dopo notte, mese dopo mese, attendendo quei nemici che mai compaiono all'orizzonte, aspettando quella "grande occasione" che pare sempre sfuggirgli di mano. Dante mise gli ignavi nell'Antinferno, la condanna di Drogo è la fortezza affacciata sul deserto dei Tartari.

E noi? Come trascorriamo il nostro tempo, noi? Attendiamo la "grande occasione" o facciamo in modo che i piccoli avvenimenti quotidiani possano tramutarsi in occasioni? Viviamo di attese prima e di rimpianti poi o riusciamo a cogliere la preziosa fuggevolezza del momento presente?

Titolo: Il deserto dei Tartari
Autore: Dino Buzzati
Editore: Mondadori
Anno di edizione: 2001

giovedì 9 agosto 2012

Animali mediterranei: uccelli, rettili e… un mistero

E' da tantissimo tempo, ormai, che non aggiorno più il mio blog "Scattiliberi" e così, sentendomi un po' in colpa, ho pensato di inserire qui alcune fotografie scattate nel corso delle ultime vacanze estive trascorse nella splendida Sardegna (cliccate sulle foto per ingrandirle).

Il bacino del Mediterraneo non smette mai di stupirmi e affascinarmi per la sua complessità, confermandosi sempre una perla di biodiversità. All'interno del giardino di casa, ad esempio, è facile avvistare diversi uccelli (un po' meno facile è fotografarli, perchè si tengono a debita distanza!).

 
Una tortora dal collare o tortora orientale (Streptopelia decaocto), chiamata così perchè originaria dell'Asia e caratterizzata da uno stretto collarino nero bordato di bianco che spicca tra il piumaggio color caffelatte.


Questa qui sopra è una mezza frode. La prima volta che l'ho vista era stata di sfuggita e avevo notato solo un pezzetto dell'ala: la colorazione mi aveva fatto pensare che potesse trattarsi di un qualche uccello rapace. Naturalmente appena sono riuscita a vederla per benino mi sono accorta di quanto la mia ipotesi fosse sbagliata. Altro che rapace! E' una tortora (Streptopelia turtur), semplicemente.


Eppure un uccello rapace sono riuscita ad avvistarlo e, mi hanno detto, persino piuttosto raro! Eccolo qui sopra, fotografato mentre volava alto sopra il nostro gommone: un bellissimo (la foto non gli rende giustizia, ma era davvero lontano!) falco della Regina (Falco Eleonorae), così chiamato in onore della legislatrice sarda Eleonora d'Arborea, che nel XIV secolo stilò un codice di leggi nel quale inserì un articolo che vietava la caccia al falco e la predazione dei nidi. 
Piuttosto diffuso lungo le coste mediterranee di Grecia, Croazia, Spagna e Marocco, è invece relativamente raro nella natia Sardegna, dove si registra la presenza stagionale di alcune colonie soprattutto sull'Isola di San Pietro e nel golfo di Orosei.


Di certo meno affascinante e dalla storia più comune è il cardellino (Cardelius cardelius), uccellino parente dei fringuelli che deve il suo nome alla pianta del cardo, dei cui semi pare essere particolarmente ghiotto. Presente in Italia durante tutto l'anno, questo piccolo granivoro viene anche allevato dall'uomo per il suo canto armonioso e piacevole. Questo ritratto nella foto è un esemplare giovane: gli adulti, infatti, sono riconoscibili grazie all'inconfondibile mascherina rossa attorno agli occhi.


E, a proposito di occhi, questo qui sopra è un occhiocotto (Sylvia melanocephala), un uccellino grande circa come un passero dal colore grigio, con un cappuccio di piume nero che arriva fin sotto gli occhi. Questo animaletto deve il suo nome proprio al colore rosso dell'anello di pelle che circonda l'occhio, che fà sì che sembra che abbia gli occhi cotti, arrossati. E' piuttosto diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo, fino alla Turchia e al Mar Caspio, e ci sono persino delle popolazioni migratrici che arrivano nel nostro Paese provenienti dal Nord Africa.


Se non si può far affidamento sul cardellino per fare piazza pulita degli insetti più noiosi, si può sempre contare su questo piccolo e timido rettile: il geco (Tarentola mauritanica). E' un animaletto dalle abitudini crepuscolari e notturne, quindi è piuttosto difficile vederlo gironzolare lungo i muri in pieno giorno; la sera, invece, capita di scovarlo intento nella caccia a falene e insetti notturni. Secondo alcune fonti, pare che un solo geco possa arrivare a mangiare fino a 2000 zanzare ogni notte! Sarebbe, insomma, un vero e proprio caposaldo della lotta biologica a queste succhiasangue.


Una veloce e spietata cacciatrice diurna di insetti è invece la lucertola campestre (Podarcis siculus), un sauro che, nonostante il nome scientifico, è in realtà molto diffuso in Italia - soprattutto al sud - e non soltanto in Sicilia.  Non trovate che abbia dei colori splendidi? La sua adattabilità ha fatto sì che la si possa trovare in molti ambienti diversi: prati e campi, muretti a secco e giardini, dune sabbiose e parchi urbani, frutteti e persino grandi scogli. Risalendo l'Italia verso nord, la lucertola campestre va via via facendosi più rara mentre aumenta la popolazione della lucertola muraiola (Podarcis muralis).

E il "mistero" del titolo? Eccolo qui sotto. Confesso la mia profonda ignoranza in fatto di entomologia e chiedo il vostro aiuto per dare un nome a questo insetto. La colorazione vivace, a strisce arancioni e nere, mi ha fatto pensare che potesse trattarsi di un animaletto in grado di secernere una qualche sostanza velenosa e che manifestasse con questi colori vivi la sua pericolosità, ma… potrebbe anche essere un astuto bluff per ingannare eventuali predatori. Insomma: per me è un vero mistero. Mi aiutate a risolverlo?

venerdì 3 agosto 2012

L'incredibile storia di Soia e Tofu



Che sia comodamente sdraiato sul divano di casa o acciambellato al riparo dal sole sotto un'automobile, che sia un raffinato discendente di antenati blasonati o un figlio dell'amore libero nato in un vicolo sudicio, una cosa accomuna ogni gatto: la leggerezza. Agli occhi di chi osserva, un gatto apparirà sempre come una creatura alla quale sono estranei gli affanni della vita. Forse anche per questo suo distacco da tutto quanto sia terreno è stato, alternativamente, visto come divinità o perseguitato come incarnazione del demonio.

Eppure essere un gatto a volte è tutt'altro che semplice. Soprattutto a Pechino. Se ne accorgono ben presto Soia e Tofu, i protagonisti di questo libro. Soia è il figlio unico di una micia "cittadina modello" della nuova Cina, ben pasciuto e amatissimo dall'anziana Nai Nai che lo chiama "piccolo imperatore", aspirante miglior cacciatore al mondo di libellule, pelo fulvo e carattere baldanzoso; Tofu non è da subito Tofu: lei è nata come Numero Tre, unica femmina in una cucciolata di quattro gattini partoriti in un bidone dei rifiuti da una micia che li ama tantissimo ma che fatica a procurare cibo per tutti e diventa ogni giorno più magra e stanca.

Il Piccolo Imperatore e Numero Tre non potrebbero essere più diversi tra loro, eppure un giorno le loro strade si incontrano, quando vengono separati dalle rispettive famiglie e adottati da una coppia di waiguo ren, stranieri; vengono portati a vivere nella stessa casa e viene loro messo un nuovo nome. Soia, più esperto del mondo umano e sicuro di sè, guida la ritrosa Tofu nell'universo sconosciuto di queste bizzarre creature così poco abili a comunicare e comprendere il linguaggio felino.

Questo romanzo racconta una storia toccante, da leggere a mente aperta e senza preconcetti, per scoprire che gli animali protagonisti di questo libro non sono poi tanto diversi dagli esseri umani, con le proprie personalità e convinzioni, ma soprattutto il loro costante bisogno di verità, giustizia e amore. Un romanzo ricco di riferimenti alla Cina di ieri e di oggi, che non a caso include un piccolo glossario; un simpatico racconto adatto ai bambini, che lo vivranno come una favola nuova e diversa dal solito, un  romanzo che regala spunti di riflessione agli adulti che sentono la necessità di comprendere meglio chi siamo, da dove veniamo e dove stiamo andando.

Titolo: L'incredibile storia di Soia e Tofu
Autore: Aiyar Pallavi
Traduttore: Monica Pesetti
Editore: Feltrinelli
Anno di edizione: 2012

Il parere del nostro esperto del settore felino

La Cina non è sempre benevola nei confronti di noi gatti. Be', forse tutto sommato va persino peggio ai cani, con la storia di Yulin e via dicendo, ma quelli sono esseri inferiori e non è che me ne importi poi tanto di loro e, comunque, non è di politica che voglio parlare: queste sono cose da bipedi, in cui noi esseri superiori ci troviamo coinvolti nostro malgrado. Scalda il cuore, però, che dalla Cina arrivi questa storia di due miei simili, diversi tra loro quanto il giorno e la notte, ma accomunati dalla regalità del nostro sangue felino, una regalità che viene riconosciuta anche dal cane Bianchetto. E che pure la yunqi di cui parla spesso la Madame Wang del romanzo alla fine riconosce: la fortuna arride tanto a Soia quanto a Tofu, tanto a chi l'ha avuta sin dalla nascita quanto a chi ha saputo conquistarsela, perché la fortuna bisogna saperla acchiappare. E nessuno sa acchiappare le prede, anche le più sfuggenti, meglio di noi gatti.
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